LE FAMIGLIE DEI FONDATORI

CIRCOLO FILATELICO NUMISMATICO BRESCIANO

Nacque sesto in ordine di tempo in Italia nel 1924 in casa del geom. Lorenzo Gadola, per iniziativa di un gruppo di amici e di appassionati del francobollo fra i quali il dott. Antonio Cottinelli, il dott. Augusto Materzanini, il cav. Gaetano Facchi, il comm. Roberto Ferrari, il dott. Vincenzo Villa, ecc. Secondo lo statuto approvato il 13 gennaio 1924 e aggiornato il 28 febbraio 1972 il circolo si prefigge di “diffondere la passione per il collezionismo e lo studio della filatelia e della numismatica, sviluppare e diffondere le relazioni fra collezionisti favorendone gli scambi, migliorare ed approfondire con tutti i mezzi idonei le conoscenze specifiche onde mettere i soci in condizione di apprezzare quanto c’è di meglio e nello stesso tempo di poter riconoscere falsificazioni e contraffazioni, agevolare i soci negli acquisti con un idoneo “servizio novità” sia di filatelia che di numismatica, assistere i soci ed eredi nelle eventuali vendite delle loro collezioni, tutelare in tutte le forme consentite dalle leggi gli interessi, sia filatelici che numismatici degli associati”. Nel 1926 il circolo promosse a Brescia il XIII Congresso filatelico italiano. Dapprima ristretto alla filatelia il circolo allargò poi la sua attività alla numismatica. Potenziarono il circolo il comm. Pietro Wührer, il dott. Steno Seccamani, Battista Zani, il cav. Antonio Soncini. Alcuni soci come Gaetano Pappalardo, Alessandro Sivieri, dott. Ettore Faraoni diedero seri contributi di ricerca e di studi. Notevole importanza ha assunto anche la rivista “La numismatica” redatta e stampata a Brescia. Il circolo ha celebrato solennemente il cinquantesimo con una medaglia commemorativa

COTTINELLI Antonio

(Brescia, 23 novembre 1884 – Brescia, novembre 1961). Dottore in chimica farmaceutica, si dedicò ad opere benefiche a S. Vigilio, alle Grazzine e nel quartiere di S. Giovanni in Brescia. Fu soldato e poi ufficiale sul Carso, sindaco di S. Vigilio e di Concesio. Con i fratelli istituì l’opera per l’assistenza ai lavoratori (0.A.L.) e l’opera per le domestiche dei sacerdoti, alle quali destinò la villa delle Grazzine. Dal 1929 al 1933 fu consigliere della Banca S. Paolo.

MATERZANINI

Facoltosa famiglia di industriali del ferro che diede alla valle Sabbia numerosi giureconsulti, esponenti politici e uomini di Chiesa. Di un Raffaele, notaio, si ha memoria nella prima metà del XVI secolo, e di un Gianmaria, pure notaio, nel secolo seguente (1676). Si avvalsero spesso di lavoranti bergamaschi. Costanzo Materzanini nella seconda metà del sec. XVIII riattivava presso Villa di Vestone una sua fucina, già travolta dalle piene del Degnone e nel 1796 il figlio Giuliano ne perfezionò l’attrezzatura e si specializzò nella preparazione di «ferri longhi sottilissimi al martello, et altri sortimenti, che e per la qualità del ferro che vi si adopera, e per l’esatta manifattura a cui si riducono, sorpassano in eccellenza quelli di Svezia, ed ha potuto perciò introdursi la loro ricerca in confronto di quelli delle città conterminanti al Veneto Dominio di Ferrara, Bologna, Mantova, et altre città suddite con importo e più di ducati 4 mila». Alessandro Locatelli della Riviera di Salò faceva la spedizione consistente in «dodici colli all’anno» per Mantova, Ferrara, Bologna e Stato Pontificio. Quattro ditte veronesi si servivano del ferro lavorato dai Materzanini e altre «manifatture che vi si formano al martello e al magliolo». Costanzo, soddisfatto di aver dato alla patria una produzione ricercata e perfetta, l’8 luglio 1779 chiese al Senato l’esonero del Dazio per 25 anni a compenso dei dispendi subiti per i lavori. Nel 1797 Giambattista e Francesco, figli di Giuliano, furono nominati generali di brigata a capo delle milizie valsabbine durante la controrivoluzione; combatterono con disperato sforzo contro i bresciani favorevoli ai francesi e, dopo alterne vicende, dovettero soccombere; a causa di questa sconfitta dei valsabbini, il padre, Giuliano, ebbe la casa incendiata, venne arrestato e condotto in carcere a Brescia, dopo essere stato spogliato di “notevoli somme di denaro, carte importanti e oggetti di valore” (da ‘Memorie storiche della provincia bresciana’ di Riccobelli). Subì a Brescia un processo, al termine del quale, con sentenza del 28 luglio 1797 venne condannato dalla Commissione straordinaria criminale, a “esborsare scudi venti mille bresciani da piccole lire sette cadauno, nelle mani del Comitato di Vigilanza, per quindi essere disposti a beneficio della valle Sabbia”. Dopo tali avvenimenti, che cambiarono la vita della valle e che, in modo particolare, falcidiarono l’attività e il patrimonio della famiglia Materzanini, anche a causa delle leggi napoleoniche che gravavano notevolmente la siderurgia, lasciarono la attività e in parte lasciarono Vestone che, della famiglia, era stata la culla per trasferirsi a Nave e poi a Brescia. Nel 1821 un Giuseppe Materzanini acquisisce la laurea in “civili atque utroque iure” e nel 1836 un Gian Maria, pure dottore in legge, svolge mansioni nel Lombardo Veneto presso vari tribunali, a Pavia e a Varese. Un Giuseppe Materzanini è parroco a Brescia in Borgo Pile nel 1819 (dall’archivio di famiglia). Il nome della famiglia torna a farsi notare in Brescia con i medici Giovanni Materzanini e il figlio Augusto che si distinsero, nella professione e nella vita pubblica. Lo stemma è: “di verde alla croce nera piantata su terreno roccioso al naturale e sormontata da tre stelle d’oro male ordinate”.

FACCHI GAETANO

(Brescia, 2 ottobre 1888 – 12 novembre 1978) – Di Giovanni Antonio e di Irene Zappa. Compiuti gli studi presso l’Istituto tecnico commerciale di Brescia, e iscrittosi all’Università, nel 1915 partì volontario. Fu dapprima ufficiale di artiglieria e poi del Genio, combattendo nella IV armata, e venne congedato col grado di tenente colonnello e con la croce di guerra. Negli anni successivi viaggiò molto in Europa e specie in Inghilterra, Francia, Germania e Belgio, dove frequentò l’Istituto Superiore di agricoltura. Acquistò un’ottima conoscenza delle lingue. Azionista della “Provincia di Brescia” e liberale zanardelliano, si iscrisse poi al P.N.F. e fu tra i soci fondatori del “Popolo di Brescia” di cui garantì in proprio sei anni di esistenza. Nel 1923 fu capomanipolo della M.V.S.N. Fece parte di numerose commissioni amministrative, associazioni combattentistiche e di partito. Fu nel 1925 segretario del Circolo filologico e nel 1927 segretario dell’Istituto Fascista di cultura, vice segretario dell’Associazione nazionale combattenti, dell’Associazione Volontari di guerra, vice presidente del Circolo filatelico bresciano, vice presidente del Club Alpino Italiano (1920), segretario del Club del Teatro (1920). Fu inoltre presidente della Banca provinciale di Brescia. Nel 1927 fu tra i promotori a Brescia dello studio dell’Esperanto e presidente del Comitato promotore. Socio dell’Ateneo di Brescia, dal 1941 al 1944 ne fu vicesegretario. Ebbe buona cultura e fu consigliere della sezione bresciana dell’Istituto per la storia del Risorgimento. Pubblicò: “L’azione dell’Inghilterra e dell’Italia alla fine del dominio napoleonico” (“Commentari dell’Ateneo di Brescia 1939-1941).

FERRARI ROBERTO

(Ostiglia, 3 sett. 1881 – Brescia 3 dic. 1965). Di povera famiglia, giovanissimo peregrinò in molti centri della Valle Padana, conoscendo direttamente i problemi dei lavoratori. Congedato dal servizio militare prestato in qualità di bersagliere durante la guerra 1915-1918 egli incominciò con l’acquistare dal sig. Gai il macchinario del piccolo stabilimento di Botticino che allora occupava circa 70-80 operai. Unitosi ai fratelli Serlini nel 1919 Roberto Ferrari dava nuovo impulso allo stabilimento di Paderno Franciacorta. L’anno appresso con Ambrosi, Serlini, il Ferrari rilevava dai fratelli Introini lo stabilimento di filatura del cotone di Palazzolo, costituendo la soc. An. Cotonificio di Palazzolo, dando così una completa indipendenza ai complessi industriali promossi dalla sua capacità imprenditoriale. Politicamente assunse via via posizioni di sinistra, Zanardelliana, moderata ecc. Nel 1925 aprì il calzificio di Ospitaletto. Della borgata diventò poi podestà il 25 aprile 1943. Nel 1935 era diventato il primo industriale del settore in provincia di Brescia e agli inizi della II guerra mondiale i suoi cinque stabilimenti occupavano 5.000 operai, con 2.000 macchine e 65 mila fusi messi in opera e raggiungendo le 100.000 paia di calze e 6-8.000 Kg di filato al giorno. Ciò fu dovuto al suo spirito industriale ma anche all’intelligente intuizione sua. Infatti anzichè puntare sul grande assortimento in piccoli quantitativi, impostò il lavoro su determinati tipi da produrre in grande quantità ma sempre con disegni originali in modo da poter raggiungere anche i mercati esteri, più lontani. Primo in tutto il mondo creò il macchinario per la stampa delle calze di tipo corrente a due o tre colori e qualche anno dopo l’inizio della sua attività d’industriale si lanciò alla conquista dei mercati esteri inviando forti quantitativi di merce sui mercati d’Inghilterra, Francia, Belgio, Turchia; fu anche il primo ad introdurre grosse partite di calze italiane in Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca. Non solo, ma raggiunse il Nord e Sud Africa, l’Asia, l’Australia il centro America. Inoltre fu il suo esempio che stimolò la nascita nel bresciano di numerose aziende modernamente attrezzate, ciò che significò nuovi posti di lavoro soprattutto per la maestranza femminile, nuove possibilità in campo economico e, di conseguenza, anche nuove conquiste in campo commerciale. Al contempo, con viva sensibilità sociale si interessò anche delle condizioni igieniche degli operai promuovendo la costruzione di molte case a lui intitolate, convitti per le operaie, spacci di generi alimentari, una Colonia alpina dedicata alla figlia Angiolina Ferrari e finanziò la ripresa degli scavi romani. Aiutò il restauro di chiese e partecipò a moltissime iniziative benefiche. Fu anche vice commissario della Camera di commercio nel 1927, vice presidente dell’Unione Industriali, membro e presidente della sezione industriale del Consiglio Provinciale dell’Economia fino al 1937, presidente del Sindacato provinciale degli esercenti tessili, rettore della Provincia del 1934 al 1938, presidente dell’Ospizio marino bresciano nel 1925, vice presidente del Rotary Club ecc. Fu tra i soci fondatori e nel 1925 vice presidente del circolo filologico ecc. Grazie alle molte benemerenze il 29 aprile 1935 era stato nominato cavaliere del lavoro. Nel 1938 fu presidente dell’Istituto autonomo delle case popolari. Nel 1942 rilevò l’intero pacchetto azionario del calzificio Palazzolo trasformando la ditta in Calzificio Roberto Ferrari e C., che ritirandosi nel 1954 lascerà nelle mani dei figli Gianni e Geo. La guerra non potè non creare le più grosse difficoltà ad una industria così vitale. Allo scopo di salvare i grossi complessi che il comm. Roberto Ferrari amava come una propria creatura, nel 1942 egli rilevava l’intero pacchetto azionario e fondava una nuova società in accomandita assieme ai figli con la denominazione Calzifici Roberto Ferrari e C. Ma la crisi del dopoguerra, con l’apertura di nuovi mercati, le esigenze aziendali di trasformazione di macchinari per far fronte alla concorrenza estera, ridussero sempre più l’attività industriale del comm. Ferrari. Egli senti drammaticamente l’angoscia dei licenziamenti, volle far fronte a tutti gli impegni fino all’ultimo centesimo, rimettendo tutto quanto aveva. Si ritirò a vita privata, godendo nella tranquillità degli affetti familiari gli ultimi anni di una vita operosa e spesa per il bene. Il 19 marzo 1949 l’Ateneo di Brescia gli conferiva la medaglia d’oro al valore filantropico. Il 19 marzo 1949 lo stesso Ateneo lo nominava suo socio. A Botticino Sera lapidi ricordo vennero poste sul ricovero vecchi da lui beneficato e nella sagrestia della parrocchiale.

VILLA VINCENZO

(La Spezia, 5 maggio 1888 – Brescia, 28 dicembre 1954). Di Alessandro e di Elisa Bergomi. Laureato, si dedicò al commercio di materiale elettrico, come contitolare della ditta Villa e Di Gioia (Di Gioia dott. Angelo, n. a Bisceglie nel 1889 – m. a Brescia nel 1955) con sede in via Umberto I, 11, a Brescia. Filatelico e numismatico, fu tra i promotori, con Lorenzo Gadola, Augusto Materzanini, Roberto Ferrari, Antonio Cottinelli, del Circolo filatelico e numismatico di Brescia.

GADOLA LUIGI VITTORIO EMANUELE

(Pontevico, 26 maggio 1861 – Brescia, 15 maggio 1930). Di Lorenzo e di Maria Elena. Ingegnere, si dedicò a molte opere edilizie, costruzioni agrarie e di tecnica idraulica. Diresse i lavori di regolamentazione delle acque dei canali a N di Brescia e in Valtrompia. Nel febbraio 1909 si stabili a Brescia. Proveniente dalle file zanardelliane si andò poi orientando verso posizioni più moderate. Fu nell’ottobre 1920 fino al 1923 consigliere provinciale, membro di diverse commissioni della Provincia. Fu consigliere del Comizio agrario bresciano (1920-1930), membro della Commissione provinciale di finanza (1922), membro della Commissione pellagrologica provinciale, (1920), consigliere della società di igiene (1920), segretario del consorzio federativo delle utenze del Mella, del Consorzio della strada Brescia-Quinzano, e del comitato per la navigazione . Fu azionista e nel 1924 vice presidente del giornale “La Provincia di Brescia”. Nel 1907 aveva progettato la linea tramviaria Brescia-Gussago. Fu inoltre sino alla morte nel Consiglio d’amministrazione della succursale bresciana delle Banca d’Italia. Il 18 novembre 1920 venne eletto sindaco di Brescia. Rassegnò le dimissioni il 23 marzo 1923. Fu parte attiva in attività benefiche come l’Ospizio Marino (1920-1925). Nel 1922 fu inoltre presidente dell’Istituto Moretto. Godette molta stima.