Girolamo Romani, detto il ROMANINO
(Brescia,1484 – dopo il 1562)
Girolamo da Romano detto il Romanino (n. Brescia tra il 1484 e il 1487 – m. dopo il 1562). Tra i più importanti interpreti della scuola lombarda, nella sua pittura risulta evidente il rapporto con i maestri veneti e milanesi. Soprattutto da quest’ultimi mutuò un anticlassicismo che si concretizzò in uno stile estroso e fortemente espressivo e in un intento narrativo e popolaresco.
Si formò tra Brescia e Venezia, su Giorgione e Tiziano, cui aggiunse presto la conoscenza dell’ambiente milanese (Bramantino, B. Zenale), elementi evidenti nel Compianto (1510, Venezia, gallerie dell’Accademia). Nel primo periodo fu in contatto con A. Melone, con cui condivise l’interesse per la pittura nordica; del 1513 è la tizianesca pala di S. Giustina (Padova, Museo civico), e del 1516-17 la pala di S. Francesco a Brescia, in cui dimostra la conoscenza di L. Lotto. Il suo stile espressivo, e la sua particolare attenzione verso la realtà quotidiana a volte caratterizzata da un piglio popolaresco sono pienamente evidenti negli affreschi eseguiti per il duomo di Cremona (Storie della Passione, 1519-20) prima di essere sostituito dal Pordenone, ricchi di citazioni düreriane. La stessa carica drammatica compare nelle opere seguenti, insieme a un rinnovato influsso tizianesco (dipinti della cappella del Sacramento, 1521-24, Brescia, S. Giovanni Evangelista, eseguiti col Moretto; ante d’organo, 1524-25, Asola, duomo; polittico di S. Alessandro 1525, Londra, National Gallery). Del 1531-32 è l’importante commissione degli affreschi del castello del Buonconsiglio a Trento (con i Dossi e M. Fogolino). Alla fase matura appartengono gli affreschi in S. Maria della Neve a Pisogne (1534), il pulpito del duomo di Asola (1536-37), i dipinti con la Caduta della manna (dopo il 1550, Brescia, duomo vecchio), e la Predica di Cristo (1557, Modena, S. Pietro), estrema espressione dell’estro drammatico dell’artista.